Che cosa c’è da sapere sulla cannabis light
La cannabis light contiene non più dello 0.6% di THC, ed è questo il motivo per il quale è considerata legale. Ormai è in vendita da un po’ di tempo anche nel nostro Paese, seppur con una varietà di denominazioni differenti. I primi punti vendita destinati al commercio di questo tipo di marijuana sono sorti a Milano, ma adesso la moda è diffusa in tutta Italia: la cannabis light può essere inalata tramite un vaporizzatore, ingerita all’interno di preparazioni culinarie o fumata, senza che vi siano conseguenze dal punto di vista penale.
Vale la pena di tener presenti, però, alcune limitazioni: la prima è che la cannabis legale non può comunque essere venduta ai minori di 18 anni, proprio come accade per le bevande alcoliche o per le sigarette; la seconda è che essa non costituisce un prodotto medicinale. Tali indicazioni vengono messe in evidenza dalle stesse aziende che si occupano della produzione e della distribuzione della cannabis leggera. Anche se lo spinello light è stato cassato dal Consiglio superiore di sanità, le normative in vigore al giorno d’oggi ne assicurano la liceità, che è confermata dalla legge n. 242 del 2016, che riguarda la coltivazione della canapa e, più in generale, la filiera di produzione.
Entrando più nel dettaglio, con la normativa è stata prevista una specie di cuscinetto per ciò che riguarda le esenzioni di responsabilità per gli agricoltori se eventuali controlli dovessero mettere in evidenza un quantitativo di THC di più dello 0.2%, ma comunque non superiore allo 0.6%. In realtà lo scopo della legge è soprattutto quello di offrire una tutela a chi le piante le coltiva, mentre i fiori non vengono neppure menzionati. Ma che cosa succede se si consuma la cannabis leggera? Sul piano chimico, le sue proprietà sono le stesse del cannabidiolo, di cui però scompaiono gli effetti psicoattivi.
Le infiorescenze delle varietà di canapa vengono utilizzate per scopi industriali, a condizione che esse siano riportate nella lista ufficiale delle sementi che possono essere coltivate nel nostro Paese, e dunque con un livello di THC più basso rispetto a quello stabilito dai limiti di legge. I fiori avanzano dalla filiera produttiva che usa la canapa per finalità cosmetiche o per la realizzazione di tessuti, e sono venduti in bustine nei negozi specializzati, ma non di rado anche dai tabaccai. Non mancano, poi, i distributori che sono aperti 24 ore su 24, che rendono più facili gli acquisti per i minorenni, così come non vanno dimenticati gli e-commerce del settore.
C’è da dire, per altro, che questa nuova frontiera ha attirato l’attenzione di un gran numero di nostri connazionali: si stimano centinaia di migliaia di italiani interessati, se è vero – come è stato segnalato da Coldiretti – che il giro di affari calcolato supera e non di poco i 40 milioni di euro, tenendo conto tanto dei negozi quanto di Internet. Per quanto riguarda il settore agricolo, poi, i terreni coltivati a canapa sono decuplicati nel corso degli ultimi 5 anni, fino ad arrivare ai 4mila ettari della situazione odierna.